Si dice che il fumetto in Italia sia in crisi, e forse, a guardare solo i numeri, può sembrare vero.
In realtà, però, la faccenda è molto più complicata, e non coinvolge unicamente i dati di vendita: il fumetto vende meno, ma continua a produrre – e forse, anzi, ne produce anche più di prima – capolavori capaci di segnare il proprio tempo e di influenzare gli altri medium. Certo, in passato le pubblicazioni erano più numerose e vendevano di più, ma la quantità non era sempre sinonimo di qualità.
Anni ’50: l’epoca del fumetto di massa
Se volessimo risalire alle origini della diffusione di massa del fumetto in Italia, dovremmo spostarci non tanto ai primi anni del secolo, quanto piuttosto agli anni ’50. Fu proprio nel dopoguerra, infatti, che il mercato visse la sua epoca d’oro. I fattori che favorirono la svolta furono molti. L’alfabetizzazione – almeno quella elementare – degli italiani, aiutata anche dalla televisione, cominciava a dare i suoi frutti; l’invasione dei prodotti e anche dei film americani alimentava il gusto per le storie d’avventura; la ritrovata libertà d’espressione non poneva più di tanto limiti alla fantasia degli autori.
Insomma, negli anni ’50 le edicole si riempirono di nuove pubblicazioni e nuovi personaggi. Molti morirono nel giro di pochi numeri; alcuni però sopravvissero e segnarono un’epoca. Ecco quelli che a nostro avviso furono i più importanti.Tex
L’eroe più famoso del nostro fumetto
Eroe per eccellenza del fumetto italiano, Tex fu creato nel 1948 da Gian Luigi Bonelli e Aurelio Galleppini, in arte Galep. In origine fu pubblicato nel formato a striscia tipico dell’epoca, poco costoso e quindi di facile accesso anche per i ragazzini non certo pieni di denaro di quegli anni. Col tempo, però, quelle strisce furono ristampate in raccolte dal formato più grande, fino a quando, nel 1959, prese avvio la seconda cosiddetta Serie Gigante, che sarebbe diventata la serie ufficiale anche delle avventure inedite.
Nonostante la popolarità di Tex sia alta anche ai giorni nostri, non c’è dubbio che gli anni ’50 e ’60 rappresentarono l’epoca d’oro del personaggio, prima che i gusti del pubblico più giovane si evolvessero verso eroi e generi diversi. Il cinema hollywoodiano, d’altra parte, promuoveva il western a mani basse e lo stesso Tex si dimostrò il capostipite di una serie impressionante di imitazioni più o meno esplicite. Ma il personaggio di Bonelli e Galleppini si dimostrò ben presto più moderno di tutti i suoi colleghi cinematografici e fumettistici: l’eroe infatti affrontò molto prima del cinema impegnato il tema delle ingiustizie contro gli indiani e della loro cultura, così come non mancò di segnalare le barbarie commesse dai coloni e dalle autorità americane.
Dagli anni ’50 ai giorni nostri
Il fumetto continua ovviamente ad uscire ancora oggi ed è il più longevo e venduto dell’editoria italiana. Molti altri autori si sono succeduti sulle sue pagine, ma negli anni ’50 le sceneggiature erano ancora un’esclusiva di Bonelli padre mentre ai pennelli lavorava solo Galep. Fu solo nel decennio successivo, con la realizzazione di storie più ariose e impegnative, che entrarono nello staff anche nuovi disegnatori. Bonelli, che in precedenza aveva creato anche altri personaggi di generi diversi, finì per dedicarsi anima e corpo a Tex e proprio negli anni ’50 lo rese anche protagonista di un romanzo, Il massacro di Goldena, che ebbe in realtà poco successo ma la cui trama è stata poi riutilizzata per i numeri 108 e 109 della serie regolare.
Tarzan e i tarzanidi
Da Akim a Jim della giungla
Se Tex era un personaggio a fumetti che tentò, timidamente e senza troppo successo, di sbarcare nella letteratura, Tarzan fece invece il percorso inverso. Creato dallo scrittore Edgar Rice Burroughs nel 1912, il personaggio è, come saprete, un eroe atipico e affascinante, cresciuto tra le scimmie e poi catapultato nel mondo “civile”, con tutto quello che ne consegue. Ambientalista e animalista ante-litteram, è stato protagonista di decine di racconti e film, sia autorizzati che frutto di imitazioni.
La prima trasposizione nel mondo del fumetto risale al 1929, quando i quotidiani americani iniziarono a pubblicarne le strisce. Questi fumetti divennero molto popolari negli anni ’30, grazie soprattutto al talento dei loro disegnatori, tra i quali bisogna citare Hal Foster (poi creatore di Prince Valiant) e soprattutto Burne Hogarth, ancora oggi considerato il più grande interprete del personaggio. Queste strisce arrivarono anche in Italia a partire dal 1933 grazie alla traduzione operata da Mondadori, anche se – per venire incontro alle imposizioni fasciste – il nome del personaggio fu all’epoca cambiato nell’improponibile Sigfrido.
Il successo del personaggio di Renzi e Pedrazza
La guerra ovviamente pose un freno al successo di Tarzan nel nostro paese, ma negli anni ’50 l’uomo allevato dalle scimmie tornò ad essere incredibilmente popolare. Vennero ristampate le sue storie classiche, stavolta col nome originale, e comparvero decine e decine di imitazioni. Questi personaggi furono chiamati “tarzanidi” e le loro storie erano, a volte, anche di buona fattura. Tra i tanti, vale la pena segnalarne due. Il primo fu Akim, creato nel 1950 da Roberto Renzi e Augusto Pedrazza: fu pubblicato in Italia fino agli anni ’80 ma ebbe ancora più successo in Francia. Il secondo è invece Jim della giungla, un personaggio invece americano creato da Alex Raymond nel 1933.
Le creazioni della EsseGesse
Il successo di Tex diede il via a quella che sarebbe divenuta la Sergio Bonelli Editore, una delle più grandi realtà del fumetto non solo italiano ma addirittura mondiale. Negli anni ’50, però, questo gruppo non dominava in maniera così netta la scena del fumetto d’avventura, e aveva anzi un agguerrito rivale nell’Editoriale Dardo. Questa casa editrice era stata fondata nel 1946 da Gino Casarotti e si era all’inizio fatta largo grazie a personaggi piuttosto tradizionali come Gim Toro e Kinowa. A partire dal 1951, però, diede spazio ad una serie di nuove creazioni del trio di autori che si firmava come EsseGesse.
Questi tre erano Giovanni Sinchetto, Dario Guzzon e Pietro Sartoris, giovani torinesi che avevano da poco esordito nel mondo del fumetto. Il loro talento rivoluzionò in pochi anni il settore e soprattutto il destino della casa editrice milanese. Nel 1951 infatti il trio creò Capitan Miki, nel 1954 il Grande Blek e qualche anno più tardi, nel 1966, il Comandante Mark, quest’ultimo pubblicato in realtà proprio dalla Bonelli. I primi due personaggi ottennero un immediato successo e furono tra i più popolari del decennio.
Diversi tipi di West
Miki era un giovane ranger del Nevada che – assieme alle sue spalle Dottor Salasso e Doppio Rhum – viveva avventure nel West ottocentesco, in scenari spesso dal sapore hollywoodiano. Negli anni ’50 arrivò a vendere anche 250mila copie a settimana, anche se in realtà gli EsseGesse furono presto sostituiti da altri autori. Per quanto riguarda Blek Macigno, invece, il personaggio esordì nel 1954, come evoluzione di un’altra creazione già comparsa l’anno prima. Anche in questo caso la EsseGesse si occupò in realtà solo dei primi numeri, mentre altri contribuirono a rendere popolare la testata, con vendite che arrivavano, nel momento d’oro, anche a quota 400.000 copie. Per un certo periodo, infatti, il personaggio superò di gran lunga tutti i suoi rivali, Tex compreso.
Topolino e la banda Disney
Il successo del formato libretto
Finora abbiamo presentato fumetti western e d’avventura che, pur traendo ispirazione dall’America, erano decisamente e profondamente italiani. Ci furono però pubblicazioni che non si ispiravano solo idealmente agli Stati Uniti, ma ne utilizzavano anche i personaggi. La più famosa di questo genere fu sicuramente Topolino, che dall’aprile 1949 cominciò ad uscire nel formato “libretto”, quello sostanzialmente in uso ancora oggi.
Il giornale fu lanciato dalla Mondadori con una periodicità mensile e conteneva perlopiù storie americane. Fin dai primi numeri, però, seguendo una tradizione inaugurata nelle incarnazioni precedenti, fu lasciato un certo spazio anche ad alcune storie realizzate su licenza da autori nostrani. La formula ebbe subito successo e già nel 1953 si passò alla quindicinalità e ad un piccolo cambio di formato, visto che la spillatura venne sostituita dalla brossura. Le vendite, in quel primo periodo, arrivavano vicino alle 400.000 copie a numero.
Fu proprio negli anni ’50 che si sviluppò la base di quella che sarebbe poi divenuta la scuola Disney italiana. Su quelle pagine comparivano infatti storie di Guido Martina, specialista delle parodie anche letterarie, Romano Scarpa, maestro del noir, Luciano Bottaro, Giovan Battista Carpi, Pier Lorenzo De Vita, Giulio Chierchini, Carlo Chendi e molti altri ancora. Ma la firma più importante, almeno dal punto di vista editoriale, fu quella di Mario Gentilini. Lo storico direttore infatti guidò la rivista dalla sua fondazione fino al 1980, segnandone indelebilmente la storia.
Tiramolla
Il personaggio umoristico e allungabile
Concludiamo con un altro fumetto che nacque per un pubblico di bambini, lo stesso che all’epoca leggeva i fumetti disneyani. Tiramolla è un personaggio che fece infatti la sua prima apparizione nel 1952, all’interno del mensile Cucciolo pubblicato dalle Edizioni Alpe. Questa casa editrice era stata fondata nel 1940 a Milano e avrebbe pubblicato, in quegli anni, alcuni dei più importanti personaggi umoristici del mercato italiano. Oltre ai già citati Tiramolla e Cucciolo, infatti, sulle pagine delle sue riviste comparvero anche Pugacioff, Pepito, lo Sceriffo Fox, Beppe e così via.
Tiramolla nacque dunque come un comprimario. Suoi primi autori furono Roberto Renzi – che abbiamo già incontrato nella veste di ideatore del ben più avventuroso Akim – e Giorgio Rebuffi. Quest’ultimo, all’epoca solo ventiquattrenne, avrebbe poi fondato lo Studio Bierreci con Bottaro e Chendi e sarebbe stato uno dei più poliedrici autori del fumetto nostrano. E poliedrico, d’altra parte, era anche Tiramolla, un personaggio allungabile e antropomorfo, dal fare sicuramente disneyano ma anche protagonista di avventure spesso con un retrogusto grottesco e surreale.
Il personaggio ebbe un buon successo negli anni ’50 e nei primi anni ’60, ma dopo entrò in crisi. Le sue pubblicazioni proseguirono però comunque fino agli anni ’80, quando la rivista fu chiusa. Pochi anni dopo, però, forti del rinnovato successo delle testate disneyane, si tentò un grande rilancio del personaggio, ad opera della casa editrice Vallardi. L’esperimento durò solo una manciata di mesi, visto che le vendite non all’altezza degli investimenti non permisero di proseguire le pubblicazioni.