Il Rinascimento italiano è considerato in tutto il mondo uno dei periodi più importanti della storia dell’arte.
La Firenze di fine ‘400 e inizio ‘500 è spesso paragonata alla Parigi di fine ‘800, o alla New York degli anni ’60: una città cioè in cui si concentrarono quasi magicamente tutti i più grandi pittori, scultori e architetti del loro tempo. Una città che rivoluzionò lo stesso concetto di arte, insegnando qualcosa di nuovo a tutto il mondo. E allora, oggi vogliamo concentrarci proprio sui più importanti tra questi artisti rinascimentali.
In primo luogo, dobbiamo intanto allargare il cerchio. Perché è vero che Firenze fu il centro di quello straordinario periodo, ma non fu l’unica città coinvolta in quella rinascita culturale ed artistica. I grandi artisti si spostarono infatti presto a Roma, sede papale, a Bologna, a Venezia, a Urbino, a Milano.
L’ordine con cui abbiamo scelto di presentarvi i primi grandi esponenti del Rinascimento è quello, semplicemente, della data di nascita dei vari artisti. E così partiamo dal primo dei grandi, l’architetto Filippo Brunelleschi, nato proprio a Firenze nel 1377 e lì morto nel 1446, quando Sandro Botticelli aveva appena 1 anno.
L’artista è considerato il primo ingegnere dell’epoca moderna, nonché uno dei padri del Rinascimento. Agì ed operò in parallelo ad altri grandi colleghi come Donatello e Masaccio, ma rispetto a loro era infatti più anziano. Forse anche per questo, il suo apprendistato fu abbastanza tradizionale e compiuto nel campo dell’oreficeria.
Sicuramente la sua innovazione più importante fu l’invenzione della prospettiva centrale, a unico punto di fuga. Fino a quel momento, infatti, la prospettiva a Firenze era solo un metodo per calcolare le distanze. Con Brunelleschi divenne però un insieme di regole per la rappresentazione geometrica dello spazio.
Questo gli consentì di rendere i suoi progetti molto più precisi, ma anche, in un certo senso, di trasformare l’architettura in un’arte pienamente matura. Fino a quel momento, il ruolo del progettista si mescolava infatti a quello di capomastro, manifestando una natura quasi più artigianale che artistica. Da lui in poi, invece, le cose cambiarono molto.
Quali sono però le più grandi opere che Filippo Brunelleschi ci ha lasciato, e che hanno davvero segnato l’inizio del Rinascimento? L’elenco potrebbe essere molto lungo. Sicuramente il suo capolavoro più celebre è la cupola di Santa Maria del Fiore, un prodigio non solo artistico ma anche ingegneristico. I lavori cominciarono nel 1420 e proseguirono con non poche difficoltà.
Accanto a quel capolavoro, che l’ha reso immortale nei secoli, come architetto Brunelleschi progettò però varie altre opere. Ad esempio, a lui si deve lo Spedale degli Innocenti, il suo primo lavoro realizzato secondo i canoni classici. La costruzione cominciò nel 1419, ma Brunelleschi abbandonò il cantiere prima della conclusione dei lavori, nel 1427.
In gioventù, poi, realizzò anche opere scultoree, come il Crocifisso di Santa Maria Novella o le statue per Orsanmichele. Inoltre merita di essere menzionata pure la formella del Sacrificio di Isacco realizzata tra 1401 a 1402 per la seconda porta bronzea del Battistero di Firenze.
Come dicevamo, Sandro Botticelli nacque anch’egli a Firenze, ma nel 1445, pochi anni prima di un altro grande maestro dell’epoca, Leonardo da Vinci. Passò tutta la sua vita nel capoluogo toscano, con solo sporadiche puntate fuori città, a Pisa e a Roma.
Coi suoi dipinti anticipò lo sviluppo pittorico del Rinascimento, anche se rimase per tutta la sua vita una figura un po’ particolare, anche dal punto di vista stilistico. I suoi lavori – soprattutto quelli degli anni ’70 e ’80 – anticiparono molte esperienze successive, ma ben presto preferì virare su uno stile molto personale, distante dagli esiti dello stesso Rinascimento.
Ad esempio, non si interessò mai più di tanto all’anatomia umana, che invece divenne via via uno dei tratti più importanti della pittura rinascimentale. Allo stesso modo, non introdusse nei suoi dipinti la prospettiva, che invece avrebbe avuto un duraturo successo nell’arte del tempo.
Nonostante abbia dipinto una gran massa di opere a tema religioso, i lavori per cui Botticelli è celebre sono tra l’altro di argomento mitologico, realizzati quand’era al servizio dei Medici. I due dipinti che ancora oggi costituiscono segni indelebili nella storia dell’arte sono non a caso la Primavera e la Nascita di Venere. I due dipinti erano entrambi caratterizzati da un grande equilibrio compositivo, da una eleganza e da una grazia nuove per la pittura del tempo. Mancavano sostanzialmente riferimenti prospettici, ma era comunque chiaro di essere di fronte a qualcosa di completamente nuovo, e influenzato da nuove filosofie (in particolare dal neoplatonismo rinascimentale).
Nell’ultima parte della sua vita, però, Botticelli in parte abbandonò lo stile che l’aveva reso famoso, ritornando come detto a temi mistici e maggiormente religiosi. Questa scelta fu dovuta in buona misura a una crisi interiore che lo colpì in seguito all’arrivo a Firenze di Girolamo Savonarola.
Le critiche del frate verso il lusso e i temi mitologici e pagani portarono infatti i fiorentini a scagliarsi contro varie opere d’arte, frutto dell’umanesimo dei decenni precedenti. E Botticelli reagì al tutto maturando un profondo senso di colpa che lo spinse ad orientare altrove – e in maniera meno incisiva – la sua arte.
Brunelleschi, Botticelli, Raffaello sono tutti grandissimi artisti, autori di capolavori irripetibili. Ma il Rinascimento italiano ha due padri, due pittori – e non solo pittori – che si stagliano al di sopra degli altri: Leonardo da Vinci e Michelangelo Buonarroti.
Leonardo, in particolare, fu una personalità così straordinaria da essere divenuto l’emblema stesso dell’uomo rinascimentale, il simbolo del genio. Negli ultimi 30 anni, anzi, il suo mito si è ulteriormente rafforzato: la TV, il cinema e la letteratura hanno infatti ripreso spesso la sua figura, rendendolo protagonista di intricate storie di fantasia.
Le sue opere sono state citate ampiamente ne Il codice da Vinci di Dan Brown, cosa che ha portato gli Stati Uniti a ripuntare i riflettori sul nostro genio fiorentino. Sono così arrivati documentari come The Secret Life of Leonardo da Vinci e serie TV come Da Vinci’s Demons.
D’altronde, Leonardo è stato un genio multiforme, interessante sotto diversi punti di vista. Oltre ai capolavori pittorici, ci sono i suoi codici, geniali quanto enigmatici. Inoltre la sua vita e i suoi interessi sono pieni di fascino, come le sue invenzioni.
Nato nel 1452 ad Anchiano, non lontano da Firenze, fu avviato all’arte nella bottega di Andrea del Verrocchio. Rispetto ai suoi colleghi che abbiamo incontrato finora, visse ed operò non solo a Firenze, ma si mise a servizio di vari committenti. Fu ad esempio a Milano, alla corte di Ludovico il Moro. Ma visse anche a Roma, a Bologna, a Venezia e in Francia.
A Milano – dove si trasferì nel 1482 – firmò i suoi primi capolavori. Realizzò le due versioni della Vergine delle Rocce e il Ritratto di Cecilia Gallerani, più famoso come la Dama con l’ermellino. L’esperienza milanese, però, giunse al suo apogeo col Cenacolo.
Lo eseguì nel refettorio del convento di Santa Maria delle Grazie, anche se – com’è noto – Leonardo non padroneggiava particolarmente bene la tecnica dell’affresco e per questo decise di optare per una tecnica mista di tempera e olio che rese piuttosto fragile l’intera opera.
Poi ricominciò a viaggiare, facendo nuove esperienze. Rientrò per qualche tempo anche a Firenze, e qui eseguì – probabilmente tra il 1503 e il 1506 – la sua opera più famosa, la Gioconda, il quadro più celebre di tutti i tempi.
Dopo Leonardo non può che venire Michelangelo, che ne fu sotto molti punti di vista l’erede, ma anche un avversario e il portatore di un diverso modo di intendere l’arte. Nato a Caprese, in provincia di Arezzo, nel 1475, aveva una ventina d’anni in meno di Leonardo, e un animo ben più irrequieto.
Di famiglia fiorentina, tornò in città già bambino, e crebbe quindi nel vivace ambiente del capoluogo toscano. L’indigenza del padre lo costrinse ad andare a bottega ed intraprendere – per la prima volta nella storia della famiglia – un lavoro manuale, anche se di taglio artistico.
Ben presto cominciò ad emergere un talento fuori dalla norma, anche se – in parallelo – i primi committenti notavano anche il carattere burrascoso e poco propenso al compromesso del Buonarroti. Per formarsi al meglio, e per staccarsi dall’ambiente fiorentino, cominciò presto a viaggiare, spostandosi prima a Bologna e poi soprattutto a Roma.
Qui diede buona prova di sé nella scultura, l’arte a cui si era maggiormente dedicato fino ad allora. Un cardinale francese, ambasciatore presso il papa, gli commissionò ad esempio un gruppo scultoreo che voleva usare per la propria sepoltura. Michelangelo, ad appena 22 anni, rispose realizzando la Pietà, oggi nella Basilica di San Pietro.
Dopo l’anno 1500 Michelangelo rientrò a Firenze, rivoluzionando in breve l’idea dell’arte. La realizzazione del suo David, completato nel 1501, infatti portò la città a istituire una commissione per decidere dove collocare la statua. Una commissione composta, tra gli altri, da Leonardo da Vinci, Sandro Botticelli, Filippino Lippi e altri.
Leonardo criticò l’eccesso muscolare dell’opera, proponendo una collocazione di secondo piano, ma la sua posizione si rivelò minoritaria. La statua fu infatti riconosciuta dagli altri come un capolavoro, e in breve la fama del giovane artista crebbe a dismisura.
Presto, anzi, passò anche a lasciare il segno nella pittura, prima con alcuni tondi – come il Tondo Doni – e poi soprattutto i capolavori romani. Già nel 1505, infatti, Michelangelo ritornò nell’Urbe, entrando nelle grazie di papa Giulio II, che stava puntando sull’arte per accrescere il ruolo della Chiesa e del papato.
Proprio per il papa realizzò il progetto di un grande monumento funerario, con statue oggi conservate nei migliori musei del mondo. Ma soprattutto sempre per lui affrescò e decorò la Cappella Sistina, con un ciclo che è rimasto celebre nella storia e che ancora oggi fa scuola.
Concludiamo la prima parte del nostro iter all’interno dell’arte rinascimentale con l’ultimo grande maestro, Raffaello Sanzio. Nato nel 1483, pochi anni dopo Michelangelo, Raffaello ebbe però vita piuttosto breve, scomparendo a soli 37 anni, più o meno nello stesso periodo in cui moriva Leonardo (che però aveva trent’anni più di lui).
Per fortuna, la brevità della sua vita non gli ha impedito di realizzare alcuni capolavori che gli permettono di entrare a pieno titolo tra i grandi della sua epoca e più in generale di tutta la storia dell’arte. Figlio di un pittore di medio livello, Raffaello nacque e crebbe a Urbino, quindi distante dall’atmosfera fiorentina.
La città marchigiana, però, era allora un centro culturale di primaria importanza. Lì il giovane Raffaello aveva potuto ammirare infatti le opere di Piero della Francesca, di Antonio del Pollaiolo, di Francesco di Giorgio Martini e di altri artisti. Alla morte del padre, entrò poi nella bottega del Perugino e iniziò a peregrinare per vari centri.
Giunto a Siena su invito del Pinturicchio, realizzò lì quello che è considerato il suo primo capolavoro, lo Sposalizio della Vergine, un’opera fortemente prospettica ma anche molto originale nella composizione.
Nel 1504, giovanissimo, giunse quindi a Firenze, per studiare e apprendere dalle opere di Michelangelo e Leonardo, la cui fama si stava spargendo in tutta Italia. Si dedicò a varie pale raffiguranti perlopiù la Madonna e soprattutto affinò il proprio stile.
Nel 1509 si spostò infine a Roma, chiamato da Giulio II, forse su suggerimento di Donato Bramante. Raffaello aveva appena 25 anni, ma questa chiamata rappresentò per lui l’occasione della vita. Anche perché il papa gli chiese di collaborare – assieme a vari altri artisti – alla decorazione dei suoi nuovi appartamenti.
Le stanze su cui lavorò in maniera più significativa furono la Stanza della Segnatura e la Stanza di Eliodoro. In quest’ultima introdusse un inedito stile drammatico, mentre nella prima realizzò uno dei suoi lavori più celebri, la Scuola di Atene in cui trovavano spazio tutti i principali filosofi del mondo greco.
Negli ultimi anni di vita si dedicò anche all’architettura, su invito del successore di Giulio II, Leone X. Mise così le mani sul progetto della Basilica di San Pietro, realizzandone i primi disegni ortogonali (Bramante usava invece una configurazione prospettica). Le sue idee vennero però poi in parte modificate comunque da architetti successivi.